Ogni volta che si parla di intelligenza artificiale applicata alla scrittura, il dibattito si accende e le opinioni si dividono: c’è chi la vede come una minaccia al proprio lavoro e chi come una soluzione miracolosa. Ma la verità, come spesso accade, sta nel mezzo.
Il problema non è usare o non usare l’AI, ma come la si utilizza. Questo strumento è un alleato potente, capace di velocizzare processi e incentivare la creatività, ma richiede una guida umana consapevole. Proprio come accade con qualsiasi tecnologia, il valore nasce da chi la sa maneggiare. Vediamo da dove iniziare.
L’AI non può fare tutto
L’AI è ottima nel generare testi in poco tempo, riassumere informazioni e proporre idee. Ma ci sono ambiti in cui un copywriter umano resta insostituibile, e delegare tutto a questo strumento è di fatto, molto rischioso. Cosa può fare un professionista, meglio di un’AI:
- stabilire il tono di voce: un brand non parla come tutti gli altri. Un’intelligenza artificiale può imitare gli stili e crearne di nuovi, ma solo un professionista sa individuare gli obiettivi e le modalità per raggiungerli, quindi il giusto tono di voce per la scrittura;
- rendere la scrittura accattivante ed emozionale: per creare un titolo che cattura, un testo che resta in mente o una call to action che spinge all’azione servono intuizione, empatia e sensibilità. Caratteristiche che un’AI, da sola, non ha;
- contenuti strategici per il web: un testo SEO che funziona non è solo un insieme di keyword. Bisogna conoscere il lettore, i comportamenti di ricerca e il contesto. L’AI può scrivere, ma è il copywriter che dà direzione, strategia e personalità.
Senza contare che l’AI, tenetevi forte, può sbagliare. Una prova di questo: le avete mai chiesto di scrivere qualcosa su come funziona la tassazione in Italia? Oppure dettagli su fatti storici, anche recenti? La risposta molto spesso è banale, scontata, povera di contenuto e molto superficiale. Senza contare errori e strafalcioni. Provate!
Gli errori di chi scrive solamente con l’AI

Mi imbatto giornalmente in testi online visibilmente scritti dall’intelligenza artificiale: non parlo solamente di articoli o testi per pagine web, ma anche di email, presentazioni di progetti, piani editoriali. Chi si fa prendere dall’entusiasmo, utilizza l’AI anche per rispondere online ai propri collaboratori o clienti.
Questo però, si vede: chi legge se ne accorge subito. E i rischi e le conseguenze di questo uso improprio dello strumento sono di fronte a tutti:
- scrivere e dialogare in modo freddo e senza empatia, che è ciò che caratterizza davvero l’essere umano rispetto alla macchina;
- essere totalmente fuori contesto, con testi generici che non parlano ad un target specifico ma sono solo un copia e incolla di informazioni già esistenti, riciclate;
- tono di voce sbagliato: si passa dal troppo formale al troppo amichevole, senza coerenza con l’identità di chi scrive, persona o azienda che sia;
- scrittura poco emozionale: come detto prima, la neutralità nella scrittura con AI causa una mancanza di tutti quegli aspetti che sanno coinvolgere davvero;
- ripetitività: in questi contenuti si leggono parole ricorrenti, concetti ripetitivi e poco originali.
Tutti questi aspetti (ma se ne possono citare anche altri, in base al contesto), non sono un limite intrinseco della tecnologia, ma la conseguenza di un suo utilizzo pervasivo e soprattutto passivo.
Come farsi aiutare in modo positivo dall’AI
Il modo in cui si utilizza l’AI può fare la differenza per un copywriter, ma anche per un’azienda o un libero professionista che si presentano online. La chiave è trasformare l’intelligenza artificiale da “qualcosa che può fare tutto” a “uno strumento di supporto che va guidato”, senza quindi delegargli completamente il lavoro.
Il primo passo è quello di dare all’IA dei prompt (ovvero delle indicazioni iniziali) ben strutturate e pianificate. Un prompt efficace è quello che permette all’AI di darci il risultato corretto, quello che desideriamo. Per questo motivo generalmente i prompt che funzionano non sono brevi, scontati o banali, ma sono strutturati, dettagliati, con indicazioni chiare e precise sul tono di voce che l’AI deve utilizzare, il pubblico a cui deve rivolgersi, l’obiettivo da perseguire, e così via.
Più siamo dettagliati, più l’AI sarà veramente utile e non un semplice strumento di creazione di testi neutri e banali. La seconda funzione per cui questo strumento può fare la differenza è la generazione di idee: dialogare con l’AI può infatti farci scoprire punti di vista nuovi, titoli alternativi ai nostri testi, format di contenuti a cui non avevamo pensato. Ma funziona solo se il tutto è supervisionato accuratamente dal copywriter.
Questo vale anche per chi deve creare grafiche, fare traduzioni, costruire pezzi di codice per la programmazione. Parlando di copywriting, un buon testo creato con l’AI nasce con l’integrazione delle competenze umane con le capacità della macchina.
La revisione inoltre è un punto importantissimo e da non sottovalutare: per creare un contenuto che funziona serve sempre il check finale da parte del copywriter.
Consiglio extra: non usare l’AI per la scrittura di email, messaggi, bozze di progetti o preventivi, o almeno, mettici mano di persona. Oltre ad essere un’operazione molto cringe, il rischio è quello di venire subito etichettati in modo negativo dal vostro interlocutore, non comunicando professionalità.
Cosa abbiamo imparato
Il vero rischio non è l’AI in sé, ma l’illusione che possa rimpiazzare del tutto la professionalità e le competenze umane. La scrittura che funziona nasce da empatia, esperienza pregressa, analisi e strategia: qualità che una macchina non può replicare del tutto.
Quindi: sì all’AI, ma solo se usata nel modo giusto. È l’uso intelligente e consapevole a fare la differenza tra un contenuto neutro e senza colore a un messaggio capace di lasciare il segno.